equilibrium

28 ottobre 2006

Il viaggio della speranza

I treni svizzeri sono talmente caldi e accoglienti che ieri ci ho trascorso ben 11 ore e mezza.
Che vuoi che sia... Lugano - Losanna, Losanna- Lugano in un sol giorno.
Sull'andata non ho molto di cui lagnarmi, a parte la notte in bianco e la levataccia alle sei (e mi scuseranno i minatori che si alzano alla 3 del mattino ogni santo giorno), diciamo che non è andata malaccio.
Vestita di tutto punto ed improfumata -come il mio amico Fefino mi ha insegnato- ho ticchettato fino alla stazione (ticchettare= camminare provocando il tipico oltre che fastidioso rumore TIC, TIC, TIC, dovuto al tacco alto. Maledetta me, il tacco e Elena che me lo ha consigliato).
A metà strada mi sono resa conto di avere dimenticato gli occhiali.
Ora chiunque soffre di miopia sa bene quale enorme pericolo sia uscire senza occhiali per una a cui mancano circa 14 gradi in totale (occhio sinistro batte destro), perchè se una delle due lenti a contatto decide di fare i capricci, come spesso accade, è una tragedia, una catastrofe dalle dimensioni sprpositate.
E allora ho riticchettato fino a casa... e alla fine sono arrivata in stazione di corsa, tutta sudata e con i piedi già gonfi.
Del profumo e dell'abbigliamento strafigo neanche più l'ombra.
Arrivo a Losanna dopo aver fatto tappa a Zurigo (dove avevo paura di fare troppo rumore respirando) e aver conosciuto nell'ordine: un macchiavellico capitalista, un anziano provolone, una rumena che parlava in tedesco, un fumato milanese che viveva in Finlandia.
A questo punto la vostra domanda è legittima: ma che cavolo ci va a fare una italiana laureanda e semi-folle a Losanna, così di punto in bianco, di prima mattina?
Semplice: ultima speranza per uscire da uno stato che classificano come clandestinità e che sta pericolosamente facendo capolino nella mia esistenza.
I dettagli del pomeriggio nella Svizzera francofona ve li risparmio... sappiate solo che sono rientrata a casa a mezzanotte, barcollando senza sentire più neanche il ticchettio delle scarpe, con una valigia dal peso inquantificabile pieno di brochure, prospetti e modelli vari.
Ma con me avevo anche un foglio. Dallo sfondo bianco puro, lindo e confortevole, con su stampate scritte in francese e numeri, fitti fitti e belli belli.
Ho infilato il foglio in una pellicola protettiva domopack doppio strato.
Obiettivo: preservarlo con cura fino a lunedì...
Giorno in cui, appena sarà fatta luce, l'immigrant alzerà il suo sederino dal letto, prenderà con attenzione il foglio debitamente imbacuccato e protetto, e andrà dalla caaaaara Head Immigration Office.

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